Ne sono nati molti, negli ultimi tempi, di partiti e partitelli. Gli spintoni, per farsi largo come leader, si avvertono fin da lontano, già troppo lontano, per avvicinarsi a vedere cosa sta succedendo.
Triti e ritriti i movimenti che della politica hanno fatto il gioco della sedia, o forse più corretto dire della poltrona, sono così tanti che hanno indotto le persone a disamorarsi della vita pubblica, intesa come amministrazione e organizzazione di un Paese; così ben orchestrati i colpi bassi da persuadere a credere che, in fondo, della politica se ne può fare anche a meno, lasciando l’intera sfera delle decisioni collettive nelle mani di pochi, spesso ignoranti, megalomani.
Il CLN si muove in questo contesto: spigoloso, sfuggente, torbido. Senza troppe manfrine, avrei cassato anche questo… ma lui, mi sono detta, merita una chance. Il prof. Ugo Mattei, ha già una storia nella lotta politica di alto spessore, ha, da lungo tempo, dimostrato una instancabile volontà difensiva verso i beni che sono di tutti, ha con determinazione ribaltato il paradigma della competizione, parlando, senza conoscere fatica, di cooperazione e modello collaborativo, e poi, diciamolo, è un controcorrente, un “alternativo” per definizione, sempre dalla parte delle minoranze.
Ecco come è nato il mio interesse verso il CLN, nuovo Comitato di Liberazione Nazionale, che ricorda, non troppo vagamente, il movimento di opposizione al fascismo e all’occupazione nazista degli anni ‘40, e verso il suo innovativo uso politico degli spazi collettivi: i Causus.
Dopo aver preso qualche sommaria informazione, ho deciso di recarmi in piazza per verificarne lo svolgimento, per provare sulla mia pelle, vedere le persone che ne prendevano parte.
Nessun palco, alcun manifesto, solo un microfono, uno striscione con la scritta “smilitarizzazione mondiale” e degli uomini pronti a presentarsi.
L’introduzione è la sua, di Ugo Mattei, che con tanta volontà ha portato in giro la propria passione, la propria dignità, perché no, i propri sogni, quelli che hanno già reso possibile un referendum sull’acqua pubblica, un coinvolgimento delle persone a livello territoriale, quelli che hanno condotto me in quella piazza e che, oggi, hanno l’ambizione di riportare l’attenzione del cittadino alla cura della propria città, che li induce ad assumersi nuove responsabilità per il buon andamento di una casa collettiva.
Questo il senso del riunirsi per scegliere un coordinatore regionale prima, e uno provinciale poi, creando un luogo di partecipazione politica inedito, in cui le proposte arrivino dal basso discutendo delle reali esigenze di chi presenzia.
Parlano del proprio modo di interpretare la funzione collettiva, della loro storia, della motivazione che li ha portati a prendere quel microfono in mano.
Ma cos’è il CLN sono andata a chiederlo direttamente a uno dei coordinatori regionali. Com’è strutturato, quali sono i suoi progetti per il futuro, i suoi interlocutori politici.
Ho fatto una chiacchierata con Davide Sabatino, artista per vocazione, attivista politico per necessità, espressione di uno di quei Caucus che tanto attraggono la mia attenzione.
Disponibile nei modi e gentile nelle espressioni, come solo un poeta sa essere, mi ha pazientemente chiarito le idee.
Il CLN non è un partito politico, e per adesso non intende diventarlo, non ha l’ansia propagandistica delle elezioni alle calcagna.
Il CLN è un incubatore di proposte, di punti di vista, di nuova politica. Vuole essere un luogo di partecipazione in cui persone provenienti da ogni estrazione sociale e culturale possono interagire, raccontarsi, proporre e ripensare il nostro modo di vivere in società. I bisogni, le necessità, i diritti, le idee per migliorare lo stato di cose in cui siamo sprofondati al momento.
Insomma è un’occasione, per alzarsi dal divano e andare in piazza, luogo fisico, simbolico e metaforico, nonché scenario privilegiato della vita collettiva.
E’ un mantice attraverso il quale rianimare la fiamma della volontà e del desiderio di prendere parte all’organizzazione della cosa pubblica, “non in maniera passiva, come ci siamo abituati, subendo le scelte di Palazzo, bensì in modo attivo, o meglio, creativo”.
Quanto alla sua organizzazione, questa è di tipo orizzontale. Proprio per la sua natura dialogativa, esce dal rapporto di forza gerarchico per aprirsi a un modello cooperativo.
Dodici membri di “Camera Alta”, come definiti dal prof. Mattei, fungono da garanti di un modello di sviluppo che si armonizzi allo spirito originario, affinché non vengano esercitate forzature o strumentalizzazioni.
Il resto è lasciato alla libera partecipazione del cittadino, uomo nuovo, che si spera trovi presto la sua strada nella riattivazione di quella cornice democratica per cui si sta lavorando.
La mia impressione dopo questa breve conversazione ricca di contenuti non può che essere positiva. Sono una fervida sostenitrice della necessità di riappropriarci della nostra natura politica che è sociale. Per cui direi concludendo: se non vogliamo che ci privatizzino anche l’aria che respiriamo, se non abbiamo intenzione di continuare a subire scelte ingiuste e illegittime, come essere rinchiusi in casa a ogni piè sospinto, se desideriamo uscire da quel modello di “uomo a una dimensione” da cui Marcuse già nel 1964 metteva in guardia, questa è una bella occasione.
Qual è il sogno? Io l’ho inteso così: ripartire dal basso per creare una nuova coscienza collettiva.
Se piace anche a voi, l’invito è: partecipate.